Le lingue delle civiltà dominanti di tutti i tempi sovente hanno esercitato una forte influenza sugli idiomi con cui sono venuti a contatto. Il termine “russificazione”, ad esempio, corrisponde all'assorbimento costante della lingua russa da parte di comunità estere ad essa soggiacenti. A livello linguistico, tale fenomeno denota l'influenza di questa lingua dominante sulle lingue slave e baltiche, ossia le lingue corrispondenti alle aree controllate politicamente e culturalmente dalla Russia.
Un altro valido esempio è rappresentato dall’influenza eserciata dal latino e dalle lingue neolatine sull’evoluzione della lingua inglese, facendola assomigliare paradossalmente nel corso dei secoli passati un po’ all’italiano moderno e al francese, soprattutto nella propria espressione scritta.
Il fonema e il grafema di vocaboli simili si differenziano ora grazie a fenomeni come la comparsa di una vocale e/o per l'assimilazione consonantica. Non sempre, però, il loro significato è rimasto identico poiché la evoluzione di ogni singola lingua ha fatto assumere ad alcuni termini simili significati e significanti diversi.
Ecco alcuni esempi concreti:
Ability > Non significa “abilità”, ma “possibilità” o“capacità”.
Alienate > Non significa “alienare”, ma “rendere ostile” o “contrariare”
Brave > Significa coraggioso, non “bravo”.
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Parole che in inglese hanno il suffisso-ABLE in italiano–ABILE
PROBABLE PROBABILE
Parole che in inglese hanno il suffisso ABLE in italiano–EVOLE
AMICABLE AMICHEVOLE
Parole che in inglese hanno il suffisso BST in italiano–ST
ABSTRACT ASTRATTO
Parole che in inglese hanno il grafema iniziale CH in italiano è C
CHOCOLATE CIOCCOLATO
Parole che in inglese hanno il suffisso -CTION in italiano –ZIONE
ACTION AZIONE
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A differenza di quanto si potrebbe immaginare, l'influenza del latino sulla lingua inglese durante l'impero romano fu alquanto limitata. Solo dal 1066, data che segna l'inizio della conquista dell'Inghilterra per mano di Guglielmo il Conquistatore, molti vocaboli di origini normanna furono introdotti nella lingua inglese, quasi il 28% di vocaboli inglesi hanno infatti origini neolatine.
L’attuale forte presenza della lingua e della cultura angloamericana nel nostro continente riflette una situazione diversificata da lingua a lingua, da nazione a nazione, a seconda dell'importanza del rapporto tra culture e alle pianificazioni politico-linguistiche ed economiche in atto in ogni paese dell’unione.
Per analizzare la portata di tale fenomeno, un’interessante ricerca lanciata nel 1986 a Strasburgo del GEPE (Groupe d'Étude sur le Plurilinguisme Européen) per il monitoraggio della lingua francese, proponeva un questionario a cinquecento bambini di circa dieci anni sull’uso e la comprensione diretta di cento termini lessicali secondo il singolo livello di assimilabilità alla lingua inglese.
I risultati di questa indagine rivelò che il livello sociale implica un’influenza minima sulla diffusione dell’inglese:
gli elementi acquisiti dall’inglese nei campi sondati e legati a questa fascia giovanile (giochi abbigliamento e alimentazione,) appartengono ad una terminologia più popolare costituente “gli elementi fondamentali del «franglais»”, che si oppone direttamente al vocabolario insegnato a scuola, di livello elevato, formale e borghese.
Per l’italiano si sono spesi e si spendono fiumi di parole e di inchiostro - come si diceva una volta. Importante evento è sicuramente l’uscita del primo Dizionario degli anglicismi nell’italiano postunitario (1987) di G. Rando. Difficile pero’ poter definire quantitativamente e qualitativamente come la lingua italiana stia reagendo alla pressione dell’attuale lingua egemone e globalizzante.
Le opinioni sono discordanti e alcune tra loro allontanano in parte i forti allarmismi di alcuni puristi dell’Accademia della Crusca. Secondo questi ricercatori “ottimisti”, infatti, l’invadenza dell’inglese è indubbia, tuttavia è ancora integro sia il lessico fondamentale, sia anche se parzialmente quello della conversazione generica, utilizzato da ciascuno di noi ogni giorno.
Tuttavia, purtroppo l'influenza dell'inglese sulla nostra lingua si manifesta a volte in maniera subdola, utilizzando certe parole italiane, affini in qualche misura a quelle inglesi, in un significato che è proprio della lingua inglese e non corrispondente alla lingua italiana. Ciò può confondere persone che, abituate al significato italiano della parola, si trovano “spaesate” dal senso che a loro sembra assumere la frase, come nel caso dei termini dramatic e dramattico.
La più evidente fonte di preoccupazione per l’autenticità e vitalità della nostra lingua sorge dalla dilagante tentazione di adottare sistematicamente l’inglese in alcune aree scientifiche e manageriali. In tal senso, per approfondire tale problematica è consigliabile consultare lo studio di B. Cappuzzo ‘Il linguaggio informatico inglese e italiano’, quello di A. Bistarelli, “L'interferenza dell'inglese sull'italiano”, e “L’Influenza dell’inglese sulla lingua della pubblicità italiana”, del Blog Ciao Italia, quello di E. Bertinotti "Iniziativa "Francomot" per evitare i prestiti linguistici".
La grammatica italiana pero’ sembra mantenere intatta la sua egemonia. Prendiamo l’esempio di una delle parole inglesi più utilizzate in italiano: computer. Anche se la lingua francese ha saputo tradurla egregiamente con il termine ‘ordinateur’, l’italiano, almeno a livello grammaticale, non la coniuga al plurale aggiungendo la s finale, infatti all'interno di un testo italiano – almeno per ora - le parole straniere non si declinano mai al plurale. Questo punto deve essere tenuto in conto, specialmente dai traduttori professionali che intendono tradurre correttamente, pur utilizzando termini inglesi in testi italiani, e visto che questo è il mio mestiere non potevo non concludere il mio intervento con questo breve inciso.
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